martedì 12 febbraio 2013

Il multiverso e l’idea dell’infinita ripetizione delle storie


Tra i tanti temi di cui si occupa la cosmologia moderna uno riguarda il concetto di multiverso, cioè la possibilità che esistano infiniti universi e perciò infiniti mondi che potrebbero ospitare altrettante terre con forme di vita differenti. Ma è davvero così? Nonostante questa idea sia alquanto affascinante, tuttavia qualche scienziato rimane molto scettico. È il caso di due ricercatori spagnoli che hanno pubblicato di recente un articolo dove criticano l’idea dell’infinita ripetizione delle storie, che è strettamente collegata al concetto di storie alternate, ma anche a quello degli universi paralleli o persino all’interpretazione dei molti mondi (vedasi Enigmi Astrofisici).

Francisco Josè Soler Gil dell’Università di Siviglia e Manuel Alfonseca dell’Università Autonoma di Madrid hanno presentato due proposte, una basata sulla cosmologia classica e l’altra sulla meccanica quantistica, in base alle quali si suppone che noi viviamo in un Universo infinito nel quale ogni storia viene ripetuta nello spazio un numero infinito di volte. Considerando separatamente le due proposte, gli scienziati affermano che esse sono fortemente speculative, anche se spesso vengono presentate come dei concetti plausibili. Inoltre, gli scienziati affermano che effettivamente non siamo in grado di sapere se viviamo in un ‘Universo infinito’ dato che anche un ‘Universo finito’ sembra altrettanto probabile. L’idea che sta alla base dell’infinita ripetizione delle storie nello spazio è che, se prendiamo noi stessi per un attimo e cambiamo una cosa, ad esempio modifichiamo il colore della nostra maglietta da bianca a nera, ci sarà un'altra copia di noi stessi da qualche parte che sarà esattamente uguale a noi tranne per questa piccola differenza (il colore della maglietta). Se poi il colore della maglietta diventa rosso, ci sarà una terza copia di noi stessi e così via. Continuiamo a modificare, ad esempio, il nostro bicchiere d’acqua e lo facciamo diventare caffè, in questo caso ci sarà ancora un’altra copia di noi stessi. In più, ci saranno le copie di tutti i rispettivi universi formando così un numero infinito di copie. Nel loro articolo, Soler Gil e Alfonseca sostengono che “in un Universo infinito, ogni possibile evento accade un numero infinito di volte”. Questa idea delle infinite ripetizioni si incontra nella filosofia e nella mitologia antica e oggi anche nelle storie di fantascienza. Ci si chiede, però, se essa possa avere una identità scientifica e quindi possa occupare un posto nella Scienza ufficiale.

Nella prima proposta che analizzano Soler Gil e Alfonseca, Ellis e Brundrit affermano che il concetto delle infinite ripetizioni deriva in maniera logica dalla fisica relativistica classica. In altre parole, a) se l’Universo, il numero dei pianeti e delle galassie, e il numero delle possibili storie, come ad esempio quella a noi familiare che dura ormai da 13,7 miliardi di anni, sono infiniti; b) se la probabilità che esista la vita basata sulla molecola del DNA è maggiore di zero; c) se il numero delle molecola del DNA su cui si basano le forme di vita è finito (dato che la dimensione della molecola del DNA non può essere arbitrariamente grande), allora un Universo infinito deve contenere un numero infinito di copie relative al numero finito di forme di vita basate sul DNA e alcune di esse seguiranno delle linee di storia molto simili o addirittura identiche. Possiamo altresì dire che storie infinite più forme di vita finite vuol dire che le storie di quelle forme di vita si ripeteranno un numero infinito di volte. A queste conclusioni, Soler Gil e Alfonseca ribattono affermando che non si è certi che la probabilità che la vita si basi sul DNA sia maggiore di zero. In più, considerare la nostra esistenza o un numero finito di casi in cui la vita esiste su altri mondi non possono essere presi a supporto per dedurre che la probabilità sia maggiore di zero. Di conseguenza, il numero infinito delle storie diventa maggiore del numero infinito dei singoli esseri viventi, in questo modo ogni pianeta che sia compatibile per l’esistenza della vita può avere la propria storia. La seconda ipotesi, analizzata da Garriga e Vilenkin, riguarda un numero finito di storie ma si basa sul concetto della meccanica quantistica in base al quale regioni discrete di spazio possiedono quantità finite di energia. Nell’interpretazione delle storie non coerenti della meccanica quantistica, l’Universo infinito può essere suddiviso in un numero infinito di regioni che sono disconnesse casualmente dato che sono separate dagli orizzonti degli eventi. Garriga e Vilenkin deducono perciò che il numero delle possibili storie in ogni regione è finito perché la quantità di energia di ogni regione è finita e, secondo la meccanica quantistica, essa è quantizzata. Per farla breve, un numero infinito di regioni più un numero finito di possibili storie in ciascuna regione vuol dire che ogni storia si deve ripetere un numero infinito di volte. Soler Gil e Alfonseca criticano quasi tutte le assunzioni di questa ipotesi, a partire dal tentativo di applicare la meccanica quantistica alla cosmologia, pura speculazione senza fondamento sperimentale. Emergono poi altri problemi quando si prendono in considerazione gli effetti gravitazionali dei buchi neri e l’espansione dell’Universo, che può potenzialmente aumentare il numero delle possibili storie in maniera indefinita, impedendo le ripetizioni.  

Ma la critica maggiore da parte degli scienziati spagnoli all’idea delle infinite ripetizioni in entrambe le ipotesi è l’assunzione del fatto che l’Universo sia infinito. Capire se l’Universo sia o meno infinito rimane una delle grandi domande aperte della moderna cosmologia a cui gli scienziati non potranno, forse, mai dare una risposta. Soler Gil e Alfonseca notano che, guardando al passato della storia della fisica, sono emerse delle situazioni in cui la presenza degli infiniti sembrava un ostacolo impossibile da superare mentre invece la formulazione di teorie sempre più avanzate ha permesso di eliminarli. Ad oggi, però, le due teorie fondamentali che abbiamo a disposizione, e cioè la meccanica quantistica e la relatività generale, prevedono entrambe gli infiniti: nella relatività li incontriamo nelle singolarità dei buchi neri e nel Big Bang; nella meccanica quantistica, si trovano nell’energia del vuoto e in certe parti della teoria quantistica dei campi. Forse, entrambe le teorie sono semplici approssimazioni di una terza e più generale teoria che non presenta infiniti. Nonostante ciò, mentre Soler Gil e Alfonseca non possono al momento dimostrare la veridicità del concetto delle infinite ripetizioni, essi sottolineano il fatto che il punto cruciale della loro critica è quello di mostrare che l’idea rimane comunque nell’ambito della filosofia o della fantascienza e non nell’ambito della cosmologia moderna e la definiscono “scienza ironica”. Insomma, l’idea che le nostre vite siano ripetute un numero infinito di volte da qualche parte nello spazio non è in alcun modo certa o lontana dall’essere considerata probabile o plausibile. 

arXiv: About the Infinite Repetition of Histories in Space

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