mercoledì 26 giugno 2013

L’Universo potrebbe non essere ‘naturale’

Ad una conferenza tenutasi lo scorso mese di Aprile presso la Columbia University, il fisico teorico Nima Arkani-Hamed dell’Institute for Advanced Study di Princeton, ha discusso alcuni recenti risultati dalle implicazioni contraddittorie relativi agli esperimenti condotti al Large Hadron Collider (LHC).


L'Universo in cui viviamo è naturale o facciamo parte di una bolla speciale che fa parte di un multiverso?
Gli esperimenti condotti all'LHC sembrerebbero favorire la seconda ipotesi.
Credit: Giovanni Villadoro
“L’Universo è inevitabile, l’Universo è impossibile”, ha commentato Arkani-Hamed. La spettacolare scoperta di una particella le cui proprietà sembrano essere consistenti con quelle del bosone di Higgs, così come è stato annunciato dai fisici del CERN lo scorso 4 Luglio 2012 (post1; post2), ha confermato una vecchia teoria introdotta negli anni ’60 da Peter Higgs che spiegherebbe il meccanismo mediante il quale le particelle elementari acquisiscono la massa, fino a determinare la formazione di strutture complesse, come le stelle e le galassie, inclusa la vita stessa. “Il fatto che abbiamo osservato questa particella nel punto in cui ce l’aspettavamo è un trionfo della teoria e degli esperimenti ed è inoltre una indicazione del fatto che le leggi della fisica funzionano”, dice Arkani-Hamed. Nonostante ciò, prima di capire quale fosse la massa del bosone di Higgs, gli esperimenti condotti all’LHC hanno prodotto tutta una serie di altre particelle che non si sono dimostrate essere la famigerata “particella di dio”. Con la scoperta di una sola particella, gli esperimenti del grande collisore adronico hanno permesso di approfondire uno dei grandi problemi della fisica che è stato dibattuto per decenni. Le equazioni sembrano quasi ‘catturare’ l’essenza della realtà con grande accuratezza e prevedono in maniera corretta non solo i valori delle costanti fisiche della natura ma anche l’esistenza di particelle come il bosone di Higgs. Tuttavia, i valori di alcune costanti fondamentali, come ad esempio la massa del bosone di Higgs, appaiono ancora estremamente differenti da quelli previsti dalle equazioni al punto tale che non dovrebbero permettere l’esistenza della stessa vita. Ma qualche scienziato ritiene che l’Universo sia strutturato perchè esista qualche strano e sconosciuto meccanismo di ‘aggiustamento’ dei valori delle costanti. Il concetto di ‘naturalità’ potrebbe essere in pericolo, cioè il sogno di Albert Einstein secondo cui le leggi della natura sono sublimi, inevitabili e autoconsistenti. Senza questa ipotesi, i fisici si troverebbero davanti ad una difficile prospettiva per cui le leggi della fisica sarebbero una sorta di insieme di fluttuazioni casuali, arbitrarie e caotiche presenti nel tessuto dello spaziotempo. In altre parole, anche se non tutti sono d’accordo, Arkani-Hamed e altri fisici di fama mondiale stanno prendendo sul serio la possibilità che il nostro Universo potrebbe non essere ‘naturale’. “Dieci o venti anni fa, ero convinto del concetto di naturalità”, dice Nathan Seiberg dell’Institute for AdvancedStudy di Princeton, “ma oggi non ne sono certo. La mia speranza è che esista qualcosa su cui non abbiamo ancora riflettuto, forse qualche altro meccanismo che potrebbe spiegarci tutte queste cose. Ma non vedo quale potrebbe essere”. I fisici ritengono che se l’Universo non è fisicamente naturale, cioè è caratterizzato da alcune costanti fisiche fondamentali che sono estremamente improbabili per permettere forme di vita, allora deve esistere un numero elevato di altri universi per far sì che possa esistere anche il nostro, ritenuto improbabile. Altrimenti la domanda è: perché il nostro Universo dovrebbe essere tale da renderci così fortunati? L’idea di una ‘non naturalità’ dovrebbe rafforzare l’ipotesi del multiverso secondo la quale il nostro Universo sarebbe uno dei tanti infiniti ed inaccessibili ‘universi-bolla’. Secondo la teoria delle stringhe, ce ne sarebbero 10500 e in qualcuno di essi i valori delle costanti fisiche fondamentali che osserviamo potrebbero essere dovuti a qualche meccanismo di ‘autocancellazione’. In base a queste ipotesi, niente di questo Universo risulta inevitabile e ciò lo rende imprevedibile. Edward Witten, un famoso teorico delle stringhe che lavorapresso l’Institute for Advanced Study di Princeton, dice: “Sarei personalmente felice se il concetto di multiverso non fosse esatto, in parte perché esso limita virtualmente la nostra capacità di comprendere le leggi della fisica. Ma nessuno di noi è stato ‘consultato’ quando è stato creato l’Universo”. Secondo Raphael Bousso, un fisico dellaUniversity of California a Berkeley, molti scienziati odiano il concetto di multiverso. “Non credo”, dice, “che dobbiamo analizzare questi concetti dal punto di vista emotivo. Si tratta di una possibilità logica che sta prendendo sempre più piede grazie alla mancanza di un principio di naturalità così come sembra emergere dagli esperimenti condotti all’LHC”. Nel 2015, quando sarà nuovamente operativo, ciò che LHC permetterà di scoprire, o di non scoprire, favorirà una tra due possibilità: 1) o viviamo in un Universo estremamente complicato e a sé stante, oppure 2) facciamo parte di un ‘universo-bolla’ speciale che fa parte di un multiverso. Forse, tutto questo lo scopriremo tra cinque o dieci anni, quando i fisici delle particelle saranno in grado di elaborare e realizzare esperimenti di alta energia sempre più sofisticati.

Coincidenza cosmica  
Per tutto il XX secolo, la convinzione che le leggi della natura siano armoniose, e perciò ‘intrinsecamente naturali’, si è dimostrata una guida attendibile verso la ricerca della verità. Secondo Arkani-Hamed, le costanti della natura, cioè la massa delle particelle e altre proprietà fissate che caratterizzano il nostro Universo, emergono direttamente dalle leggi della fisica anziché essere il risultato improbabile di eventuali autocancellazioni. Ogni qualvolta una costante appariva ‘sintonizzata’ sul suo valore naturale, un pò come se fosse stata magicamente modificata per tener conto di determinati effetti, i fisici hanno sempre sospettato che mancasse qualcosa. Avrebbero cercato ed inevitabilmente trovato qualche particella o qualche caratteristica che materialmente modificasse la costante, ovviando così ad un eventuale meccanismo di autocancellazione. Ma questa volta, le proprietà di autoregolamentazione, per così dire, dell’Universo sembrano fallire. Secondo i dati prodotti dagli esperimenti di LHC, il bosone di Higgs ha una massa di 126 GeV e le interazioni con le altre particelle note dovrebbero sommare circa 1018 GeV alla sua massa. Ciò implica che esiste un meccanismo che determina una cancellazione quasi perfetta da portare la cosiddetta ‘massa nuda’ del bosone di Higgs al valore di 126 GeV. Ora, i fisici sono passati attraverso tre generazioni di acceleratori alla ricerca di nuove particelle previste dalla supersimmetria, una teoria estensione del modello standard delle particelle elementari, che dovrebbe portare la massa del bosone di Higgs al valore osservato, così come l’interazione con le altre particelle ne determinerebbe l’incremento della sua massa. Ma finora, essi sono rimasti a mani vuote. LHC dovrebbe esplorare scale di energie ancora più elevate ma anche se si troveranno nuove particelle, esse saranno quasi certamente troppo pesanti per influenzare la massa del bosone di Higgs nel modo appropriato che risulterà perciò 10 o 100 volte ancora troppo leggero. I teorici, però, non sono d’accordo sul fatto che ciò possa essere vero in un Universo naturale e a sé stante. “Forse succede che la massa del bosone di Higgs venga leggermente modificata”, dice Lisa Randall dell’Harvard University. Tuttavia, Arkani-Hamed è convinto che modificare di poco la massa del bosone di Higgs è come dire avere una sorta di ‘particella incinta’, non esiste proprio. Se poi non si troveranno nuove particelle e la massa del bosone di Higgs rimane modificata per un valore estremamente elevato, cioè di 18 ordini di grandezza, allora l’ipotesi del multiverso tornerà alla ribalta a grandi passi. “Ciò non vuol dire che l’ipotesi del multiverso sia corretta”, spiega Bousso, “ma implica che sia l’unica ipotesi in gioco”. Alcuni fisici, come Joe Lykken del Fermi National Accelerator Laboratory e Alessandro Strumia dell’Universitàdi Pisa, parlano di una terza ipotesi. Essi ritengono che bisognerebbe dissociare gli effetti che hanno le altre particelle sulla massa del bosone di Higgs per cui quando essa viene determinata in maniera differente, essa dovrebbe apparire in maniera naturale. Questo concetto di ‘naturalità modificata’ viene meno quando si considerano nei calcoli altre particelle, come quelle sconosciute che costituiscono la materia scura, anche se questo approccio poco ortodosso potrebbe fornire altre idee. Ad ogni modo, l’idea di una naturalità modificata non può risolvere un problema di naturalità ancora più grande: il fatto cioè che l’Universo non venne inizialmente distrutto dalla sua stessa energia subito dopo il Big Bang.

Un oscuro dilemma
L’energia dello spazio vuoto, nota anche come energia del vuoto, energia scura o costante cosmologica, è straordinariamente 120 ordini di grandezza più piccola rispetto al suo valore naturale e non esiste alcuna teoria che può risolvere questo problema teorico decisamente imbarazzante. È chiaro, però, che la costante cosmologica debba essere enormemente ‘sintonizzata’ per prevenire un rapido collasso gravitazionale di tutta la materia presente nell’Universo e quindi per permettere alla vita stessa di esistere. Per spiegare questo concetto, negli ultimi decenni si è fatta strada l’ipotesi del multiverso al punto da ricevere una sua credibilità nel 1987 quando il Premio Nobel Steven Weinberg, oggiprofessore di fisica all’University of Austin in Texas, calcolò che la costante cosmologica del nostro Universo fosse attesa anche nell’ambito dello scenario del multiverso. Tra tutti i possibili universi capaci di supportare la vita, quelli cioè che possono essere osservati e contemplati in primo luogo, il nostro è tra quelli meno autoregolati. “Se la costante cosmologica fosse più grande di quella osservata, diciamo di un fattore 10, non avremmo galassie”, spiega Alexander Vilenkin,un cosmologo di fama mondiale che lavora presso la Tufts University. “Viene difficile pensare come la vita potrebbe esistere in questo tipo di universo”. La maggior parte dei fisici delle particelle speravano che si trovasse una spiegazione più plausibile del problema relativo alla costante cosmologica. Ma nessuno ce l’ha. Ora, dicono i fisici, il valore non naturale della massa del bosone di Higgs rende il problema del valore non naturale della costante cosmologica ancora più importante e significativo. Arkani-Hamed ritiene addirittura che i due problemi siano correlati. “Non abbiamo una ricetta di base per comprendere il nostro Universo. È molto grande e contiene cose molto grandi”. Il concetto di multiverso divenne un argomento importante nel 2000 quando Bousso e Joe Polchinski, un fisico teorico dell’University ofCalifornia a Santa Barbara, trovarono un meccanismo che dava luogo ad un insieme di universi paralleli. La teoria delle stringhe, una ipotetica ‘teoria del tutto’ che si basa sull’esistenza di stringhe vibranti infinitesimali, afferma che lo spaziotempo sia caratterizzato da 10 dimensioni, cioè le 3 dimensioni spaziali a cui siamo abituati più 1 dimensione temporale, e poi ci sono 6 dimensioni extra arrotolate o compattificate in ogni punto dello spaziotempo quadridimensionale. Bousso e Polchinski hanno calcolato che esistono circa 10500 modi differenti con cui le 6 dimensioni extra possono essere arrotolate nello spazio quadridimensionale producendo così un insieme estremamente enorme di possibili universi. In altre parole, qui non è richiesto il concetto di naturalità. Dunque, non esiste un singolo universo, inevitabile e perfetto. “I fisici delle particelle, specialmente i teorici delle stringhe, avevano il sogno di prevedere in maniera univoca le costanti della natura”, dice Bousso. “Qualsiasi cosa dovrebbe saltar fuori semplicemente dalla matematica e noi abbiamo detto: ‘Guardate, non può succedere e c’è una ragione per cui non sia così. Stiamo pensando a tutto questo nella maniera sbagliata’”.

Vita nel multiverso
Nello scenario del multiverso secondo il modello di Bousso-Polchinski, il Big Bang rappresenta una fluttuazione. Un ‘nodo’ compatto, a sei dimensioni, che forma una maglia nel tessuto dello spaziotempo, improvvisamente prende forma, rilasciando energia che dà luogo ad una ‘bolla’ di spazio e di tempo. La maggior parte degli universi che vengono creati in questo modo sono densi di energia del vuoto. Essi si possono espandere o collassare così rapidamente che la vita non può esistere. Ma alcuni universi atipici, dove un processo di autocancellazione improbabile determina un valore molto piccolo della costante cosmologica, sarebbero come il nostro. In un articolo scritto da Bousso e dal collega Lawrence Hall della UC a Berkely, gli autori affermano che la massa del bosone di Higgs ha anche senso nello scenario del multiverso. Essi scrivono che gli ‘universi-bolla’, che contengono abbastanza materia visibile se confrontata con la materia scura tale da supportare forme di vita, molto spesso possiedono particelle supersimmetriche le cui energie si trovano al di la dei limiti attuali di LHC e una massa del bosone di Higgs modificata. Allo stesso modo, altri fisici mostrarono nel 1997  che se il bosone di Higgs fosse 5 volte più pesante, ciò eliminerebbe il processo della formazione degli atomi rispetto all’idrogeno determinando per altre vie un universo senza vita. Nonostante queste spiegazioni risultino ragionevoli, molti scienziati temono di non raccogliere tanto dal concetto di multiverso. L’ipotesi degli universi paralleli non può essere verificata e ancora peggio l’idea di un Universo non naturale resiste ad ogni sua comprensione. “Senza la naturalità, perderemo la motivazione di cercare una nuova fisica”, dice Kfir Blum, un fisico dell’Institute for Advanced Study di Princeton. “Sappiamo che è lì ma non c’è alcun buon motivo per cui la dovremmo trovare”. Fa da eco l’idea di Randall: “Mi piacerebbe che l’Universo fosse naturale”.


Insomma, le teorie possono svilupparsi ed evolvere. Dopo aver speso più di un decennio della sua vita studiando l’ipotesi del multiverso, Arkani-Hamed oggi trova questa idea ancora più plausibile, un modo cioè per comprendere come funziona il mondo che ci circonda. Per concludere, il concetto di naturalità potrebbe farcela o potrebbe costituire una falsa speranza, anche se in una porzione alquanto strana anche se confortevole del multiverso.

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