Nel corso di questi anni, la
ricerca di una teoria unificata ha portato diversi fisici teorici ad introdurre
una serie di argomentazioni nel tentativo di conciliare le due migliori descrizioni del mondo macroscopico (relatività generale) e di quello
microscopico (meccanica quantistica). In particolare, un fisico teorico di nome
Leonard Susskind ha presentato diverse idee spesso non facilmente intuitive,
come ad esempio la teoria delle superstringhe o il concetto in base al quale il
nostro Universo tridimensionale potrebbe essere in realtà un ologramma bidimensionale. Oggi egli è parte di un piccolo gruppo di scienziati che stanno
ragionando su un nuovo concetto altrettanto bizzarro: in altre parole, la
chiave verso quella che viene definita “la teoria del tutto” dovrà essere
trovata nell’ambito della scienza dei computer, nota anche come complessità computazionale. Certamente, non si tratta di una disciplina della fisica dove
esplorare i processi più fondamentali ma essa è legata a qualcosa di più
pratico e riguarda il numero di operazioni logiche che sono necessarie per
eseguire un algoritmo. Se questo approccio funzionerà, allora secondo Susskind esso
potrebbe risolvere uno dei problemi teorici più impegnativi di questi anni,
cioè il paradosso dell’informazione dei buchi neri, il che implicherebbe la non validità della meccanica quantistica e della relatività generale. In
più, il metodo della complessità computazionale potrebbe fornire ai teorici un nuovo modo di comprendere
i concetti di spazio e tempo utilizzando semplicemente delle idee basate
sostanzialmente sulla informazione.
domenica 8 giugno 2014
giovedì 5 giugno 2014
SETI, entro vent'anni il 'primo' contatto
La domanda se siamo soli
nell’Universo sta diventando ormai molto vecchia. Esistono delle storie su
questo argomento che risalgono persino agli antichi greci e sembra difficile
credere che anche i primi esseri umani comparsi sul nostro pianeta non abbiano mai volto lo sguardo verso il cielo chiedendosi se esistono altri esseri come loro da qualche parte nello spazio. Rispetto ai nostri antenati, oggi abbiamo una
tecnologia sufficientemente avanzata e adeguata che ci permette di affrontare
il problema secondo il metodo scientifico. Dunque, trovare che esistono intelligenze extraterrestri
potrebbe definire il nostro posto nello spazio cosmico. Inoltre, una tale
scoperta completerebbe la cosiddetta rivoluzione copernicana. Circa 470 anni
fa, le meticolose osservazioni del cielo ed il ragionamento scientifico ci
portarono a comprendere il nostro ruolo nell’Universo. Oggi, lo scopo della ricerca
SETI (Search for Extra Terrestrial Intelligence) è quello di comprendere in quale piano intellettivo noi esseri umani ci poniamo rispetto ad eventuali esseri intelligenti nell’Universo. Insomma, le
nostre capacità intellettive sono uniche o sono semplicemente le sole che
esistono tra tante altre?
Iscriviti a:
Post (Atom)